Qualche tempo fa parlando di videogiochi e mettendoli a paragone con la letteratura è spuntato un argomento interessante: sia il linguaggio videoludico che quello letterario invecchiano, ma solo nei videogiochi esiste il concetto di remake. Come mai?
Voi ve lo immaginate un remake dei Promessi Sposi? Della Divina Commedia? Per quanto in verità il mondo sia pieno di riletture moderne, pièce teatrali, fanfiction coi vampiri e versioni in prosa, sarebbe davvero difficile spacciare tutto ciò per qualcosa di ufficiale. A questo si aggiunge l’autorialità delle opere letterarie, legata indissolubilmente allo scrittore originale.
Con i videogiochi è diverso, perché sono un medium che (come il cinema) è nato in un mondo fortemente commercializzato, e che quindi hanno in sé certe meccaniche di produzione che nel mondo della letteratura classica ci potevamo solo sognare. Per non dimenticare la questione limiti tecnologici.
I limiti tecnologici però piano piano si superano. E se in alcuni casi è proprio grazie a loro che sono spuntate alcune delle idee e storie più affascinanti del mondo videoludico (vedi Silent Hill), in altri casi hanno un po’ frenato la fruizione di alcune storie stupende. Come quella di Final Fantasy VII, il primo del suo genere che ha osato fiondarsi nel mondo del 3D in un momento in cui anche solo computare un paio di poligoni poteva essere un’operazione in grado di assorbire tutte le risorse di una console da gioco.
Le origini di bastian contrario
Negli ultimi anni l’opera targata Square Enix è stata oggetto di una curatissima operazione di remake, che si sta prendendo la premura di dedicare un videogioco intero ad ogni sua parte, ampliandone la narrativa e modernizzandone il gameplay. Io però sono str*nzo, e, lasciandomi prendere dall’hype dietro all’uscita di Final Fantasy VII Rebirth, ho fatto la cosa meno intuitiva al mondo: mi sono giocato oggi, nel 2024, per la prima volta, il Final Fantasy VII originale, quello del 1997. E ora vi racconto cosa ne penso io, che da piccolo giocavo seriamente solo a Pokémon e a PES, e che dopo una fase ottusamente nintendara ho iniziato a destreggiarmi tra titoli contemporanei e disperati recuperi di classici retro. Ma partiamo dal principio.
La mia esperienza con Final Fantasy VII è iniziata con… Kingdom Hearts. In verità credo sia una cosa abbastanza comune, visto l’incredibile successo pop della storia di Sora, Pippo, Paperino e compagnia cantante; ma ci tengo comunque a rievocare il mio straniamento di fronte a quei personaggi completamente astrusi in quel contesto. Per chi non ricordasse (o non sapesse), Cloud lo si incontra nel mondo di Hercules, che non è altro che un’enorme arena all’interno della quale si affrontano le sfide del perfido (ma con espressioni e modi di fare incredibilmente relatable) Ade. In ogni caso Cloud, come Sephiroth – la sua controparte – hanno una funzione prettamente metanarrativa, per connettere i diversi franchise Square e far sentire a casa gli appassionati di videogiochi.
Io comunque Kingdom Hearts da piccolo non l’ho mai finito. Passano un bel po’ d’anni, recupero tutta la serie (li mortacci tua Nomura, 3000 console e video di approfondimento per provare a capirci qualcosa), incontro numerosi personaggi dei mondi Square, ma di Final Fantasy continuo a rimanere a secco. Ho solo un vago ricordo del trailer di un film visto su Italia 1.
Passione a turni… Alterni
Il fatto è che io con gli RPG a turni ho un rapporto contrastante. O forse sarebbe meglio ammettere che sono stato plagiato da Pokémon, serie che per me rappresentava l’unica istanza del genere, con la sua semplicità… Ed il fatto che lo giocavano tutti. Quindi niente, nel periodo in cui mi sono costruito il malloppone di backlog con i saldi Steam – sarà stato il 2014 – c’ho inserito anche qualche Final Fantasy (VII e VIII) giusto così, per condire, per far fare bella figura alla mia libreria. Ed è a quel momento, nel lontano 2014, che risale il mio primo tentativo con Final Fantasy VII. Avvio, chiamo i personaggi con i nomi dei miei amici, arrivo al reattore Mako, faccio fuori il robottone cattivo, fallisco la fuga dal timer di 10 minuti un paio di volte, arrivo a Midgar… Salvo, chiudo, abbandono. Vedere quei modelli low-poly schiaffati su sfondi bidimensionali statici è troppo. Anche se ho passato l’infanzia su giochi pieni d’anima e poveri di risoluzione. Anche se quando scelgo qualcosa da leggere, guardare o giocare non mi soffermo più di tanto sull’anno o la tecnologia di pubblicazione (a meno che non abbia delle voglie specifiche). Anche se li sto giocando su una scarsissima TV arrangiata a monitor. Non ce la faccio proprio. ‘Vabbé’ mi dico ‘sarà il momento sbagliato’. Ci vorrà un po’ – 10 anni, ora che ci penso – per trovare quello giusto.
Passa un po’ e dopo qualche esitazione, nel 2019, scopro Persona 5. Inutile dire che, come moltissimi occidentali, sono stato stregato da quel gioco. Grazie alla sua storia, i suoi personaggi e le sue tematiche, Persona 5 è riuscito a farmi appassionare attivamente al gameplay di un JRPG “classico”, rubandomi il cuore ed aprendomi ad una serie di riflessioni che continua tutt’oggi. E così, come molti, sono andato a ritroso, recuperando l’inquietante Persona 4, qualche spin-off più o meno azzeccato (Persona 4 Dancing non è niente male, gli altri due li ho giocati solo perché mi appassionano i rhythm game, per gli Arena sto aspettando di finire il 3) e fremendo per l’uscita di Persona 3 Reload.
Il momento giusto
Non so come mi sia venuto di rispolverare Final Fantasy VII, oltretutto in un periodo ricco di uscite interessanti. Sta di fatto che per qualche motivo – legato probabilmente alla mia capa tosta – mi è venuta la curiosità di andare a scoprire quella storia che ha segnato l’esperienza di molti videogiocatori, e anche dell’industria in senso lato. Sicuramente l’essere ormai entrato con tranquillità nel ritmo lento di Persona, scandito da lunghi dialoghi e spiegoni, ha avuto la sua influenza. Ma forse la cosa principale che mi ha spinto a quest’operazione è stata la voglia di poter arrivare, all’interno di un gioco solo, al finale. Perché sì - sicuramente lo saprete già - ma il progetto di remake prevede più di due titoli, e per forza di cose ci vorranno anni prima del capitolo conclusivo.
E così l’ho scaricato. Ma quei poligoni e quegli sfondi mi facevano ancora troppo male agli occhi. Che ci volete fare: remake o non remake l’occhio vuole la sua parte. L’avrei giocato su un tubo catodico, ma non ce l’ho. In ogni caso, alla fine mi sono affidato alla stupenda community di modder, e grazie allo strumento 7th Heaven ho inserito una quantità di retextures e migliorie estetiche veramente imbarazzante.
Premo su “Nuova partita”. Adesso si ragiona.
Continua…