Dopo tre anni ho finalmente capito Chicory
A margine: compra Chichory perché è fichissimo. Anche tre anni dopo.
Mi sono sempre raccontato come una persona troppo stupida per essere depressa. Anche nei momenti più bui nella mia vita mi è sempre bastato aver vicino qualcuno o qualcosa che fungesse da supporto. La mia stupidità mi permette quasi sempre di passeggiare sopra i problemi, anche perché come nel più classico degli stereotipi più sono a disagio e più mi nascondo dietro la battuta.
Conosco la depressione solo per procura, perché alcune delle persone che mi sono o mi sono state vicine negli anni la combattono tutti i giorni. E io inevitabilmente dico la cosa sbagliata al momento sbagliato facendole ridere o morendo provandoci, perché è tutto quello che ho da dare.
Chicory parla un po’ di questo. O meglio, è quello che ho visto in Chicory: il lato della depressione che vivo io, quello facile dove il mostro non riesce a raggiungerti e si accontenta di mangiare il tuo migliore amico.
Tu provi a fare qualcosa ma alla fine ha ragione chi dice che non sei abbastanza e forse non lo sarai mai, forse nessuno lo sarà mai, e quindi puoi solo sparare qualche battuta del cazzo e qualche pensiero da Baci Perugina apocrifo. Anche il senso di colpa e di disagio che senti alla fin fine è artificioso, lo provi perché devi ma chi può dire se lo senti davvero? Ad una certa tu torni alla tua vita e la depre rimane nella vita dell’altrə. Quando ho giocato Chicory mi sono egoisticamente sentito capito: non è un gioco sulla depre, ma un gioco sull’avere delle persone care in depre e provare disperatamente a riempire di nuovo di colori il loro mondo. Anche se non è il tuo ruolo. Anche se è sbagliato ed egoista farlo, perché in fondo vuoi che stiano bene per star bene anche tu, perché la tua felicità ha questo brutto vizio di dipendere da quella di chi ti sta vicino e quindi quello che hai per loro in realtà lo fai comunque per te. Pensavo di averlo capito, Chicory. Pensavo che raccontasse questo, che ti mostrasse come reagire quando la persona a cui tieni di più su questa Terra ti dice che sarebbe più facile se lo abbandonassi e tu gli rispondi che non vai da nessuna parte.
Solo che non avevo capito un cazzo.
Lo scenario è completamente diverso quando sei amicə di una persona in depre mentre anche la tua vita va in pezzi. Quando i momenti di down di quella persona pesano come non hanno pesato mai e speri (spero) non peseranno mai più così. Quando guardi questo baratro con occhi nuovi, veri, senza quel filtro del cazzo degli “andrà tutto bene” e dei “in qualche modo ce la facciamo”. Ho capito davvero Chicory solo qualche giorno fa. Considerando che l’ho giocato al day one – peggio, che mi sono arrogato il diritto di recensirlo al day one, sentendomi stocazzo salito sulla cattedra e pensando pure “va che bel pezzo ho scritto” – direi che questo dà le dimensioni di quello che dicevo prima. Troppo stupido per essere davvero depresso. Troppo impermeabile ai problemi veri per capire davvero una vita che comunque sospetto non abbia un cazzo di senso a prescindere. Troppo egoista per non poter pensare di salvare il mondo, fosse anche una persona alla volta, e doverci essere sempre e costantemente quando una persona così importante per te (vedi che sei sempre tu quello al centro della narrativa?) sta male.
Negli ultimi mesi mi sono sentito egoisticamente solo. Non lo sono stato. C’è stata un sacco di gente al mio capezzale. Persone che evidentemente non mi merito, perché nella prima stesura di questo pezzo c’era una frase tipo “solo che non erano le persone giuste” che è una cazzata e denota quanto invece sia sbagliato io. La verità è che erano le persone giuste, ma non erano la persona che volevo io. Io, io, io. Ego, ego, ego. Quella persona aveva i cazzi suoi e mi sono sentito solo. Non depresso. L’ho già detto che sono troppo stupido, no? Solamente solo. Mi sono dovuto caricare un po’ di stronzate che nel grande ordine delle cose non significano nulla (ma per me significano tutto sempre perché “io io io ego ego ego”) e andare avanti anche se quelle stesse stronzate perdevano di senso, ogni giorno un po’ di più, perché appunto le stavo facendo da solo. Anche se non ero solo. La realtà dei fatti non conta un gran cazzo, davanti alla tua percezione distorta delle cose. Oltre ad aver capito Chicory in questo periodo ho pure capito che l’oggettività non esiste: è un’altra di quelle cose con cui mi riempio la bocca per anni facendo l’esempio da likes facili di quando mi son giocato The Last Guardian mentre mi moriva il cane, ma che guarda un po’ si applica pure fuori dai giochini. È tutto assolutamente relativo, tutto dipende da chi sei in quel momento e da chi sei stato nei momenti prima, perché siamo una sommatoria di tutto quello che un tiro di dadi che qualcuno chiama Dio ci fa succedere nelle vite, e questa sommatoria tende verso il giorno della nostra morte.
Dicevo. Mi sono sentito solo pur non essendolo. Perché non avevo chi volevo a fianco. Me ne sono accorto solo ieri, quando questa persona è tornata e si è fatto lui carico di tutte quelle stronzate di cui mi stavo facendo carico io. La vita è tornata immediatamente ad avere colore. Sono riuscito a fare un sonno senza sogni come non ne facevo da mesi, perché prima quando chiudevo gli occhi tutti i miei errori si ripetevano in loop in una versione assolutamente deformata di quello che poi erano. Che è una frase che non ha senso dopo il pippone sull’oggettività, ma è come mi sento e sto cercando di raccontarlo non so bene a chi e non so bene perché. Scrivere costa meno che andare dallo psicologo, qualcunə lo chiamerebbe “privilegio” e forse lo è, ma dovremmo smettere di colpevolizzare il privilegio di per sé e farlo con chi non prova a metterlo a fattor comune. Ma forse siamo una specie naturalmente portata ad essere forte con i deboli, altrimenti non ci saremmo inventati il concetto di “allevamento intensivo” e forse manco quello di “genocidio”.
Quando questa persona è tornata ho capito che di Chicory mi ero perso un layer.
È facile essere Hamburger – Chicory ti chiede qual è il tuo cibo preferito e poi lo usa come nome del tuo personaggio. E io ho quattordici anni da quasi vent’anni anche a livello alimentare – quando le cose ti vanno bene. È quasi filantropico, o almeno ti ci senti così. Sei felice e vuoi ridistribuire un po’ di quella felicità a chi te la regala ogni giorno. Solo che la vita è una merda, e statisticamente prima o poi prenderai anche tu abbastanza botte da romperti in cocci troppo fini per essere riparati col kintsugi. Ed è lì che ho capito davvero Chicory. Ho capito che i videogiochi sono uno specchio che riflette la merda di tutti i giorni, ma come tutti gli specchi poi l’immagine non è esattamente come quella reale. Dietro lo specchio manca la profondità anche se i videogiochi hanno inventato il 3D con Super Mario 64, o forse con DOOM. Manca il senso del tempo, per quanto cronometri e timer provino a sottolineare quanto ne passi in quei mondi virtuali che insegnano e dicono tanto sul reale, ma solo se riesci a portare fuori quelle lezioni.
Dopo tre anni dall’uscita di Chicory ho capito che Chicory non esaurisce tutto il discorso sulla depre. Nemmeno se ci limitiamo al lato facile. Perché le cose non saranno sempre facili e tu non sei Hamburger, nella vita reale non ci sono NPC ma devi fare i conti con quella che nei libri di design si chiama “agency emergente” e le persone normali banali chiamano “libero arbitrio”.
A Brief non piace questo elemento