Esoterismo a Kanto.
Storie di cartucce vive e pulsanti, usate per teletrasportarsi nelle città dei numeri.
Tokyo, anni ‘90: un gruppo di baldi giovani smette di pubblicare la sua rivista di videogiochi Game Freak e decide di fare un passetto un po' più in là; anziché semplicemente parlare di videogames, iniziano a sviluppare videogiochi.
Così tra un Quinty e uno Sparkman, Game Freak inizia a muovere i primi passi nello sviluppo videoludico.
Una software house florida, che all’epoca ha sfornato molti titoli differenti tra loro ha raggiunto l’apice del successo con Pokémon Verde e Rosso.
Contrariamente a quanto la narrazione occidentale è propensa a raccontarci, le creature tascabili di Tajiri e soci non hanno avuto un successo immediato: dopotutto, i Jrpg dominavano il mercato delle home console e a parte alcuni sparuti casi, difficilmente si riuscivano a vendere giochi in cui il plot e l'empatia coi personaggi era importante in un handheld che al massimo poteva parlarti in scala di grigio e verde.
I giapponesi iniziarono ad apprezzare Pokèmon dopo una trovata pubblicitaria di CoroCoro, nota rivista per nerdacchioni nipponici: il pubblico, dopo aver partecipato a un quiz, poteva inviare la cartuccia direttamente a Shigeki Morimoto (Lead programmer di Pokémon penso sin dai primi titoli a oggi) per ottenere uno speciale premio in game.
Si dice che in questo modo siano stati generati solamente 20 Mew, ma la notizia che ci fosse questo Pokémon nascosto ha fatto sì che smuovesse il collezionismo dei giapponesi e Pikachu e soci divennero un successo commerciale enorme, nonostante i titoli dedicati alla passione della caccia agli insetti di Tajiri fossero ricchi di bug.
Come la vicenda di CoroCoro ci insegna, il tramonto degli anni ‘90 era un mondo completamente diverso da quello di oggi: internet andava lento, le informazioni principalmente erano veicolate da TV e giornali ed era difficile si parlasse di videogiochi al di fuori delle riviste di settore, specialmente in Italia.
Nel 1999 quando Pokémon uscì sugli scaffali, conquistò il pubblico non tanto nell’immediato quanto con la messa in onda del cartone animato, con la prima puntata trasmessa nel gennaio 2000, anno in cui tra passaparola e anime tuttə lə bambinə dell’universo adoravano Pikachu.
La cosa affascinante è come la massa si sia buttata su Pokémon per trovare un prodotto non tanto rifinito e pieno di errori.
Eppure, anche quegli errori e quei bug arricchivano di fascino il mondo di gioco: come se ci fosse altro, una sorta di dimensione metafisica o messaggio nascosto inserito nella cartuccia dagli sviluppatori.
Internet era agli albori e difficilmente si faceva fact checking su quanto si leggeva, specialmente su cose frivole come trucchetti sui videogiochi: si optava per la prova empirica.
Si prendeva il Gameboy, la cartuccia e si provava a vedere se sotto al camioncino della M/N Anna ci fosse seriamente nascosto Mew.
Presto la bufala venne a galla, ma uscirono fuori molte leggende, tra cui spiegazioni su come trovare bug e avere la possibilità di catturare MissingNo o come arrivare sull’isola dei numeri.
In un certo senso, le proto community attorno a Pokémon scoprivano bug che agli occhi di noi bambini erano segreti di un mondo che aveva regole che andavano al di là della nostra comprensione.
a pensarci bene, i passaggi per accedere all’isola dei numeri così come per catturare veramente Mew, assomigliano in tutto e per tutto a dei rituali: si seguono dei passaggi per ottenere il teletrasporto in zone inaccessibili o per catturare ciò che non può essere catturato.
Un po' come cercare la vita eterna o l’eterno riposo pregando ogni sera a bordo del proprio letto.
Gli errori ovviamente avvenivano per un motivo logico, ma da bambini non si può comprendere un errore così grande di programmazione, così come quando l’uomo scoprì il fuoco, noi scoprimmo gli errori di un mondo digitale tutt’altro che perfetto.
Non sono sicuro al 100% riguardo sulle origini delle creepypasta ma quel che è certo è che l’avvento di Verde, Rosso e Blu ha portato una miriade di racconti “orrorifici” che riguardavano il brand.
Proprio come avete detto, il 90% della fama di pokemon proviene solo dai miti e dalle creepypasta